Villorba (Treviso), Lavoro, dignità e responsabilità: quando l’impresa non garantisce più il bene comune

 


Lavoro, dignità e responsabilità:

quando l’impresa non garantisce più il bene comune

di Carlo Silvano 

La stampa locale riporta che il gruppo Benetton ha annunciato l’applicazione di un contratto di solidarietà nella misura del 90 % dell’orario per circa 80 dipendenti dello stabilimento di Castrette di Villorba (Treviso). Sul piano umano e cristiano, questa vicenda richiama, a mio avviso, l’imperativo della tutela della persona nel lavoro: nell’insegnamento sociale della Chiesa, il lavoro non è meramente una merce, ma «partecipa alla dignità della persona» (vedi “Gaudium et Spes”). Quando un’impresa riduce drasticamente i giorni di lavoro, mette a rischio non solo il reddito, ma la partecipazione attiva del lavoratore alla vita della comunità. 

In questo contesto, potrebbe essere ora necessario pensare a strumenti più radicali: se un’azienda non è più in grado di garantire la continuità dell’occupazione e ritiene di applicare ammortizzatori sociali eccezionali — come quelli al 90 % — forse occorre valutare seriamente l’ipotesi dell’espropriazione pubblica dei beni aziendali (fabbricati, macchinari) per trasferire la proprietà a forme cooperative o societarie, dove i lavoratori siano protagonisti. In questo modo si salvaguarda non solo il posto di lavoro, ma anche il modello di impresa come servizio al bene comune. 

Proporre l’espropriazione non significa punire il capitale, ma esercitare il diritto — previsto anche dal bene comune cattolico — di intervenire quando l’impresa privata abdica alla sua funzione sociale. Quando un’azienda utilizza i meccanismi di solidarietà non per un tempo definito, ma per un ridimensionamento strutturale, la comunità perde: perdita di reddito, perdita di speranza per i giovani, perdita di fiducia nella propria terra. 

La proposta prende forza anche nell’attualità: un’impresa tessile o manifatturiera che decide unilateralmente contratti drasticamente ridotti compie una scelta che travalica il bilancio aziendale e coinvolge intere famiglie, interi territori. La Chiesa cattolica ha spesso ricordato che «la proprietà privata e l’iniziativa economica sono ordini che devono servire allo sviluppo umano e sociale dell’individuo e dei popoli» (Enciclica “Quadragesimo Anno”). Se ciò viene meno — come appare nel caso Benetton — lo Stato deve intervenire per ripristinare la corretta funzione sociale dell’economia. 

In conclusione, la vertenza Benetton non è soltanto una questione industriale: è una questione morale e politica. Se vogliamo salvaguardare il futuro del lavoro e della dignità umana, dobbiamo aprire un dibattito vero sull’impresa, sulla proprietà e sul ruolo del pubblico. L’espropriazione, in casi estremi, ma ben regolamentati, può essere lo strumento che permette alla comunità di rialzarsi quando il privato cessa di «essere» per il bene comune. (Carlo Silvano)

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