"Metello" di Vasco Pratolini

“Il coraggio tradito:
rileggere Metello di Vasco Pratolini
nell’epoca del lavoro senza voce”
 
Presso la biblioteca civica di Villorba ho preso in prestito il volume Opere di Vasco Pratolini (nato nel 1913 e morto nel 1991). Per me, rileggere Metello del celebre scrittore fiorentino significa, oggi, misurare la distanza — ma anche la continuità — tra due secoli di speranze operaie e disillusioni collettive. Il romanzo, ambientato nella Firenze di fine Ottocento (tra gli anni 1870 e 1902), narra la formazione civile e morale di un giovane muratore che scopre la dignità del lavoro e la forza della solidarietà tra compagni. Ma ciò che in Pratolini era conquista e risveglio, nella nostra epoca appare come una perdita, una frattura che si è allargata fino a diventare silenzio.
 
Metello fu scritto negli anni Cinquanta e pubblicato nel 1955, nel pieno della ricostruzione italiana del dopoguerra, quando il lavoro e i diritti operai tornavano a essere temi centrali nel dibattito civile. Oggi quel mondo del lavoro che il romanzo racconta — fatto di fatiche, di ingiustizie e di orgoglio operaio — sembra incredibilmente attuale. Il cantiere resta uno dei luoghi simbolo della precarietà e del rischio: ogni settimana si contano morti e feriti, vittime non solo di incidenti, ma di una cultura che ha smarrito il senso della sicurezza e del rispetto per chi costruisce con le mani ciò che altri possiedono. Le statistiche sulle “morti bianche”, in particolare nell’edilizia, ricordano che la vita del lavoratore continua a valere meno del profitto che produce.
 
In questo scenario, i sindacati — un tempo baluardo di giustizia e voce dei più deboli — appaiono spesso distanti, burocratizzati, incapaci di incarnare quel fervore etico e umano che animava i primi movimenti operai. Dove un tempo c’era lotta e partecipazione, oggi domina la mediazione sterile, la distanza dai cantieri e dalle fabbriche reali. I lavoratori restano soli, frammentati, prigionieri di contratti temporanei e di un sistema che li considera numeri sostituibili.
 
Pratolini ci consegna allora non soltanto un romanzo di formazione, ma un ammonimento: la dignità del lavoro non si difende con le parole, ma con la responsabilità collettiva. Rileggere Metello significa interrogarsi su cosa sia rimasto del senso di appartenenza, di quella coscienza comune che permetteva a un uomo di rischiare tutto per un’idea di giustizia.
 
In un tempo in cui l’individualismo ha soppiantato la solidarietà e i diritti sono diventati privilegi, Metello ci ricorda che la libertà del lavoratore è fragile solo se resta sola. E che il coraggio di alzare la testa - oggi come ieri - è l’unico modo per restituire al lavoro la sua umanità. (Carlo Silvano)
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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni collegarsi al sito della Libreria "Il Libraccio": Libri di Carlo Silvano 






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