Anche i massoni manifestano preoccupazione per il dramma del mobbing
Nel libro "Quale primavera per i figli della vedova? Treviso vista e vissuta dai massoni di una loggia del Grande Oriente", ho toccato il tema del mobbing con un massone che per due anni ricoperto la responsabilità di maestro venerabile della loggia "Primavera". Ecco il testo:
Lei, che per lavoro si occupa di realtà aziendali, cosa pensa del mobbing?
Sul fenomeno del mobbing e tutte le implicazioni che questo genera, vorrei rispondere non tanto da un punto di vista professionale ma unicamente come massone. È solo da qualche anno che le cronache giornalistiche e televisive riportano frequenti episodi di mobbing; ciò non vuol dire però che questo fenomeno non esistesse anche prima. Evidentemente cinquant’anni fa, quando i lavoratori dipendenti erano sprovvisti di qualsiasi tutela giuridica, il datore di lavoro non aveva bisogno di ricorrere al mobbing per liberarsi di qualcuno. Ora che il lavoro dipendente gode giustamente di maggiori tutele, certi datori di lavoro ricorrono a questi metodi subdoli ed odiosi per liberarsi dei dipendenti poco graditi, applicandoli prevalentemente nei confronti delle persone più indifese e più deboli sul piano psichico. Eppure le disposizioni vigenti in materia di lavoro consentono al datore di lavoro di intraprendere la strada del licenziamento nei confronti del dipendente, a condizione che sia acclarato che quest’ultimo assume un atteggiamento scorretto e censurabile, nel contesto dello svolgimento del proprio incarico. Le regole ci sono, è necessario però che il cittadino-datore di lavoro sia disposto a rispettarle, evitando di ricorrere a metodi ignobili. La causa principale di questa recrudescenza nelle relazioni tra datori di lavoro e dipendenti ma, più in generale, in tutti i rapporti interpersonali di relazione, è data dall’imbarbarimento della nostra società. Il rapporto di solidarietà, di reciproca comprensione, di tolleranza che si aveva nella cultura contadina è morto e sepolto. Mi accorgo sempre più spesso, anche nel rapporto professionale, che il mio interlocutore, al pari di una macchina malfunzionante, è capace soltanto di parlare, di trasmettere, di udire, ma non di ascoltare. Ormai è largamente diffusa e dominante la cultura della sopraffazione, della prevaricazione, dei “vincenti ad ogni costo”. Ma, tornando al tema, anche con un Legislatore attento e tempestivo sul piano normativo, il fenomeno del mobbing rimarrebbe comunque irrisolto in quanto, a mio avviso, esso va contrastato soprattutto sul piano culturale. Basterebbe un po’ di tolleranza, di rispetto reciproco e quel senso di empatia che ti fa immedesimare nei problemi dell’altro, perché la situazione esca dallo stato di emergenza per tornare nell’alveo del fisiologico, della normalità.
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